Ultimamente un mio amico mi ha fatto un regalo inaspettato. Mi è arrivato un pacchetto nipponico contenente qualche delizia che qui in Italia è difficile trovare. Premettendo ke al maritino si accappona la pelle al solo pensiero di considerar deliziosi dolci a base di maccha o anko, io non posso davvero fane a meno. Mi intristisco se non posso assaggiarli per troppo tempo; perchè mi fa avvertire quanto la distanza pesi ancora sugli indicibili lussi e comodità apportati dal mercato globale. Anche se la mia anima ecologista agonizza al pensiero degli aerei merci che trasportano da una parte all'altra del mondo queste inutili piccolezze, faccio voto di tipicità nella mia spesa quotidiana promettendomi di incrementare formaggi e verdurame locale per espiare... Ma rinunciare al maccha, come si fa? Recentemente una dottoressa, peraltro nel giusto, mi ha intimato di eliminare dalla mia dieta caffè, cioccolata, piccante, pomodori, agrumi e alcolici... ma il maccha no, non ci riesco. E sinceramente anche al cioccolato concedo qualche peccaminosa svista. Nel pacchetto oltre alle mie consuete dosi di maccha in polvere, c'erano anche due ciotoline di oshiruko liofilizzato. Cavolo, liofilizzano proprio tutto.... come dire che qui potremmo fare il tiramisù o la pastiera liofilizzata, per chi non ha tempo di fare quelli veri. Il tempo è sempre un lusso che si paga caro, chi lavora lo sa bene. E chi più dei giapponesi ne è consapevole? Ma bando ai compromessi qualitativi, che fin quando si può si evitano, queste coppette di polistirolo in cui versare acqua calda ed aspettar due minuti, son davvero un giocattolo prodigioso. Dopo aver miscelato per bene, l'oshiruko sembra assumere un aspetto quasi convincente. Il mochi sprofonda invece di galleggiare, ma va bene lo stesso. Ne prendo un cucchiaino, lo assaggio e.... mi viene da piangere. Primo, perchè sento la mia anima trasporta virtualmente in Giappone. Secondo, perchè le mie papille gustative inferiori constatano un retrogusto di polistirolo. Un viaggio breve, un ritorno un pò brusco. Ma mi è bastato. Anche il maccha ice funziona bene, e mi si bloccano le lacrime in gola, di solito. Ma niente come lo zenzai mi teletrasporta indietro nel tempo e nello spazio, fino a collocarmi a Tokyo, in un locale sotterraneo di Ginza, assieme ai miei amici Isao e Yuki. Forse sarà perchè solo in giappone una pappetta dolce e calda di fagioli rossi con roba molliccia e bianca che galleggia può essere considerato un dessert. Sarà anche rivoltante a vedersi, come molti qui in Italia mi hanno fatto notare. Eppure io lo trovo bellissimo. Ha davvero un sapore magico, che mi riporta in Giappone. Non so come mai. Ma mi sale dentro una malinconia struggente, come quella di un bambino rapito a cui viene data dopo anni di reclusione una fetta di torta fatta dalla mamma. Alla faccia delle madeleine di Proust... è una cosa che non si può spiegare.
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1 commento:
Penso che sino a quando non andrò in Giappone mai potrò capire bene il senso del tuo post... Ciao Sorellina... e le incursioni ora le inizio a fare qua dentro... PS: scrivi sempre da favola! ;)
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