mercoledì 7 maggio 2008

Sogni e bisogni

Quando m'immergo nelle calde acque placentari dell'universo onirico varco ogni limite, mi scindo in mille particelle brillanti e mi ricompongo come un'avventurina stellata sul fondo dell'abisso. Non ho la purezza paziente di una perla, e neanche il fascino barocco dell'imperfezione: mi condenso in un grumo sferico e scuro, screziato dalle imprevedibili possibilità nascoste nella danza delle sinapsi. Pian piano la possibilità prende forma, e mi ritrovo col corpo di un uomo, di un felino mutevole, di un fantasma galleggiante. Annaspo tra scale di legno marcio, salendo lungo la spirale coclide delle mie insicurezze, osando guardare alle spalle vecchie paure deformi e fiammeggianti. Oppure mi districo tra giungle di stanze entro labirintici cubi dimensionali. O, ancora, mi lascio sfuggire qualche lacrima che brucia fin dentro il cuore, avvolta in una luce di vaniglia soffice e respirando profumi di lavanderia antica, mentre stringo la mano di una persona che nel mio mondo non esiste più. Come potrei raccontare i miei sogni? Spesso li trovo più intensi delle giornate al di là di questa soglia, dove esistono il tempo e la morte. Li sento con sensi di cui non conosco la dislocazione, li ricordo con una intensità che mi spaventa. A volte, per più di qualche secondo, li confondo addirittura con avvenimenti "reali", e non riesco a trovare il confine tra il tempo che passa e quello che esiste.
Creo sogni a scatole cinesi, a puntate, ad albero. O forse sono loro che creano me, un frammento dopo l'altro, come un puzzle di emozioni e ricordi che viene man mano riordinato in un essere pluridimensionale.
Qualche mese fa c'è stato un sogno lunghissimo, ne sentivo ogni scena con una strana partecipazione vibrante. Mi sono ripromessa di metterlo per iscritto, e su fogli svolazzanti la mia penna ha corso per ore, per appuntarne qualche barlume. Ho addirittura comprato un quaderno, per districare quella matassa aggrovigliata e tesserlo secondo una certa narrazione da poter condividere. Ma il quaderno è ancora lì, col suo silenzio bianco vergato di linee sottili come fili... un pò per il tempo che scorre tiranno, e che non so controllare, un pò perchè è qualcosa di così intimo che vorrei prendermi il tempo per i preliminari... ma pian piano l'emozone svanisce, e rimane solo la forma... le scintille affogano negli abissi, e io dalla superficie, da quassù, non riesco a far altro che guardarle agonizzare; un'altra volta, come sempre, si spegneranno, sgretolandosi con un muto disappunto, e sedimenteranno come sabbia nelle mie profondità....
Poi arriverà un'altro sogno, a scuotermi, a chiedermi di danzare. Forse un giorno riuscirò a prendere quella luce... prima che si spenga?

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