domenica 5 ottobre 2008

the Reaper whose name is Death

Sono successe molte cose in un lampo. Mi sono trovata sotterrata sotto montagne di sabbiaparole che appena mi muovevo mi affogavano sotto onde impietose, gessandosi in dune di deserti bianchi come fogli e paura. Respiravo poco là sotto, figuriamoci "pensare". I suoni arrivavano attutiti, come attraverso una coltre di neve, ma non era così fredda da volersela scrollare di dosso... mi ci sono abituata, a quella vita sotterranea. Coccolata, amata, al calduccio... protetta. Senza la necessità di un "pensiero".
Poi è passato un vento freddo, e nonostante stessi rannicchiata là sotto, l'ho sentito.
E' diventato sempre più forte, una tempesta. E le gocce di pioggia hanno scavato fin giù... e mi hanno trovato. Gelate, sono arrivate fino al cuore, e ho sentito un brivido.
Così ho capito, che ero io il deserto, ed ero io il temporale, e le ho riconosciute, le mie lacrime.
E guardando in alto, sulla superficie delle cose, ho capito che non volevo risalire. Non ora, ti prego, no... piangevo come una bambina egoista.
Invece è successo, e il deserto è rimasto bianco, scavato dalla pioggia ma bianco, perchè non ci sono parole.
Come spiegare che nonostante qualche gene di distanza, nonostante occhi gialli e una mappa di pelo che ho seguito dall'infanzia fino a poco tempo fa come guida, nella quale mi perdevo accarezzandola e amandola, là, sotto quella pelle ormai tirata e quelle ossa così fragili... c'era mia sorella...?
Mi fa ancora male scriverne.
Forse non potrò mai spiegarlo a parole. Non trovandole per tanto tempo, ho perso fiducia in loro, nel loro potere d'esorcizzare quelle strisce di pioggia che solcano ancora il mio deserto, come righe vuote di un quaderno.
Scusate le poche confuse parole. Forse non le so più usare.

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